Newsletter Edilizia, aggiornamento al 13 Giugno 2025

Newsletter Edilizia, aggiornamento al 13 Giugno 2025

I pareri del MIT su varianti e subappalto

Con il parere n.3517 del 3 giugno u.s., il Supporto Giuridico del Ministero Infrastrutture è intervenuto sull’applicazione della disciplina relativa alle varianti (art. 120 del Codice Appalti), come modificata dal decreto correttivo, “ai contratti in essere, stipulati in vigenza del predetto nuovo codice 36/2023”.

Per il MIT “ai contratti in essere alla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 209 del 2024 continuano ad applicarsi le disposizioni dell’art. 120 senza le modifiche apportate dal correttivo”.

Con un altro parere (n. 3526 del 3 giugno u.s.), il Ministero Infrastrutture ha fornito chiarimenti sul tema del subappalto necessario in relazione alla qualificazione nei contratti pubblici di lavori, a seguito dell’abrogazione dell’art. 12 della legge n. 80/2014.

In particolare, è stato richiesto se, nel vigente quadro normativo, permanga un riferimento espresso al subappalto necessario per sopperire all’eventuale mancanza di qualificazione nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria, in considerazione del fatto che l’allegato II.12 al D.lgs. 36/2023 – attualmente unico riferimento normativo di dettaglio – non lo menziona esplicitamente.

La risposta del MIT ha evidenziato che, pur in assenza di un espresso richiamo normativo, il subappalto necessario continua ad essere ammesso relativamente alle lavorazioni scorporabili.

“Si ritiene che l'abrogazione dell'art. 12 del DL 47/2014 non abbia fatto venir meno la possibilità di ricorrere al subappalto necessario /qualificante per le categorie scorporabili divenute tutte a qualificazione obbligatoria, trattandosi di un istituto che ha acquisito rilevanza generale in quanto volto a colmare il deficit di qualificazione del concorrente a eseguire le lavorazioni scorporabili a qualificazione necessaria”

Ispettorato del Lavoro: disconoscimento natura lavoro autonomo e patente a crediti

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 964 del 4 giugno u.s., ha esaminato il caso del mancato possesso della patente a crediti da parte di un lavoratore autonomo, precisando che non sussiste l’applicazione qualora della sanzione (prevista dal nuovo art. 27, comma 11, del D. Lgs. n. 81/2008), l’accertamento in cantiere dimostrasse un rapporto di subordinazione con l’impresa appaltante nei confronti della quale andranno adottate le sanzioni connesse.

Nell’ipotesi specifica oggetto del parere, “il rapporto di lavoro autonomo intercorrente tra il titolare firmatario di ditta artigiana e l’impresa affidataria dei lavori viene disconosciuto in ragione del riscontro – in sede di accertamento ispettivo – degli elementi caratteristici della subordinazione, che inducono a riqualificare il lavoratore “pseudo autonomo” quale dipendente dell’impresa affidataria. In ragione di quanto riscontrato in sede ispettiva, sarà necessario procedere nei confronti di quest’ultima con l’irrogazione delle sanzioni amministrative previste nei casi di riqualificazione del rapporto di lavoro, nonché delle sanzioni connesse agli illeciti riscontrabili in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.

“Riguardo a tale ultimo aspetto si rileva che, in aggiunta alle sanzioni previste in materia di sorveglianza sanitaria e di mancata formazione ed informazione del lavoratore “riqualificato”, laddove si accerti che l’impresa affidataria (committente dell’artigiano fittizio) abbia operato nel cantiere sprovvista della patente a crediti, si dovrà procedere all’applicazione, nei confronti della medesima …. alla sanzione amministrativa pari al 10 per cento del valore dei lavori e, comunque, non inferiore a euro 6.000”.

Secondo l’Ispettorato non si possono attribuire responsabilità al committente per “l’omessa verifica nei confronti di un soggetto che, all’esito degli accertamenti, sia stato inquadrato come lavoratore dipendente della ditta affidataria e, in quanto tale, non tenuto all’obbligo di dotarsi della patente”.

Sempre in tema di patente a crediti si segnala, infine, che il Ministro del Lavoro, Marina Calderone, intervenendo in Senato lo scorso 10 giugno, ha dichiarato che sono circa 450.000 le imprese in possesso della patente.

Manutenzione strade: Salvini preannuncia 350 milioni per reintegrare il Piano 2025-2026

Si attende un prossimo provvedimento per reintegrare i fondi sul piano pluriennale di manutenzione delle strade.

Il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, in un incontro con le rappresentanze del Ministero dell’Economia, dell’ANCI e dell’UPI ha preannunciato “una proposta per reintegrare 350 milioni di euro alle Province per gli anni 2025-2026”.

 

Il comunicato diffuso dal MIT precisa che “i fondi saranno vincolati al rispetto di una serie di adempimenti finalizzati alla massima velocizzazione dei cantieri, per evitare che le risorse rimangano inutilizzate” …. il nuovo testo normativo “sarà inserito nel primo provvedimento utile” che potrebbe essere la legge di conversione del “decreto infrastrutture” all’esame del Parlamento.

Polizze catastrofali: le scadenze definitive

Con la conversione in legge del decreto sulle polizze catastrofali da parte della Legge 27 maggio 2025, n. 78 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30/5/2025) è stato definito il quadro delle nuove scadenze.

I termini entro cui le imprese devono assicurarsi sono diversificati in base alla loro dimensione:

hanno tempo fino al 1° ottobre 2025 le medie imprese, definite secondo la Raccomandazione 2003/361/CE: meno di 250 dipendenti e fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o bilancio totale non superiore a 43 milioni di euro;

la scadenza è fissata al 31 dicembre 2025 per le piccole e microimprese, definite secondo la Raccomandazione 2003/361/CE: sono ritenute piccole imprese quelle con meno di 50 dipendenti e fatturato annuo o bilancio totale non superiore a 10 milioni di euro e micro imprese quelle con meno di 10 dipendenti e un fatturato annuo o bilancio totale non superiore a 2 milioni di euro;

per le grandi imprese (definite dalla Direttiva 2023/2775) è stata mantenuta la scadenza del 31 marzo 2025.

Le conseguenze derivanti dalla mancata stipula dell’assicurazione (come la preclusione all’accesso a contributi pubblici) scatteranno dalla data in cui l’obbligo diviene effettivo per la specifica categoria d’impresa. Per le grandi imprese, questa disposizione si applica dal 30 giugno 2025.

Il provvedimento precisa inoltre che l’obbligo assicurativo riguarda gli immobili con regolare titolo edilizio ovvero ultimati nel momento in cui tale titolo non era obbligatorio, inclusi quelli oggetto di sanatoria o per i quali è in corso un procedimento di regolarizzazione (sanatoria, condono).

Se un’impresa assicura beni di proprietà di soggetti terzi (ad esempio oggetto di locazione) impiegati nella propria attività e non già assicurati, l’indennizzo sarà corrisposto direttamente al proprietario del bene. All’imprenditore è comunque riconosciuto un diritto al rimborso dei premi pagati e un risarcimento per il lucro cessante (fino al 40% dell’indennizzo) se il proprietario non destina l’indennizzo al ripristino del bene.

Consiglio di Stato: necessario indicare costi aziendali della sicurezza adeguati

Il Consiglio di Stato (Sent. n. 4896/2025) ha confermato l’esclusione di un’impresa che non aveva indicato i costi aziendali della sicurezza.

Il contenzioso ha riguardato i lavori di realizzazione e messa in esercizio del nuovo Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, comprensivo di manutenzione quinquennale, da aggiudicarsi con procedura aperta con il criterio del minor prezzo.

Nel corso della procedura si contestava al concorrente di non aver giustificato la congruità dei costi aziendali per la sicurezza, ai sensi dell’art. 110, comma 5, del D. Lgs. 36/2023, e se ne dichiarava l’esclusione.

L’art. 108 comma 9 D.LGS. 36/2023 stabilisce che “Nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”.

Il Consiglio di Stato ritiene che “la disposizione è oltremodo chiara nel prevedere che tutti gli oneri gravanti sull’azienda per l’assolvimento degli obblighi riguardanti la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro devono essere specificamente indicati nell’offerta. La legge ne richiede la necessaria indicazione affinché la stazione appaltante possa verificare in che modo l’operatore economico sia giunto a formulare il prezzo offerto e se non abbia, per rendere maggiormente conveniente la sua offerta, eccessivamente sacrificato proprio tale voce di costo. L’omessa indicazione degli stessi comporta, dunque, la necessaria esclusione dell’offerta medesima”.

Il richiamato art. 110, comma 5, inoltre, prevede due ipotesi di esclusione, dei costi aziendali indicati in offerta”. “quello in cui le giustificazioni non siano risultate sufficienti a spiegare il livello dei costi o dei prezzi indicati in offerta…. quello dell’offerta anormalmente bassa per ... la non congruità

Nel caso oggetto della sentenza, l’importo indicato in offerta era “macroscopicamente e palesemente” insufficiente per far fronte ai costi necessari alla sicurezza dei lavoratori. Pertanto, l’estromissione dalla procedura riguardante l’accertata non congruità dei costi della sicurezza è una causa di esclusione imposta ex lege, non necessita di precisazione nella legge di gara e non viola il principio di tassatività delle cause di esclusione.

Aggiunge infine il Consiglio di Stato, nel rigettare il ricorso del raggruppamento escluso, che neanche “è possibile rimodulare le voci di costo senza alcuna motivazione al solo scopo di “far quadrare i conti”, ossia per assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato ma siano superate le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo”. Si introdurrebbero, in tal caso, “elementi di negoziazione sul contenuto strutturale dell’offerta del tutto incompatibili con la garanzia di par condicio tra i partecipanti alla selezione”.

Consiglio di Stato: SI’ alla sanabilità del mancato contributo ANAC con il soccorso istruttorio

Il Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria n.6 del 9 giugno 2025) è intervenuto sul controverso tema della sanabilità del soccorso istruttorio in caso di mancato versamento del contributo ANAC.

I Giudici hanno anzitutto evidenziato i due orientamenti emersi nella giurisprudenza.

Un primo orientamento ritiene che il mancato pagamento del contributo entro il termine per la presentazione delle offerte comporti l’obbligo di esclusione dell’operatore economico, senza possibilità per la stazione appaltante di esercitare il soccorso istruttorio, mentre un secondo orientamento ammette, invece, l’adempimento tardivo anche a seguito di soccorso istruttorio.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è espressa favorevolmente a tale secondo orientamento.

La funzione del contributo non è assimilabile a quella relativa al possesso dei requisiti generali e speciali (che devono essere posseduti al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda), ma è quella di consentire l’autonomia finanziaria dell’Autorità a garanzia della sua indipendenza.

Si tratta, pertanto, di una “condizione estrinseca” rispetto alla procedura di gara, nel senso che l’adempimento di tale obbligazione non è finalizzato, come invece è per i requisiti di ordine generale e speciale ad attuare direttamente gli interessi pubblici della gara mediante la preventiva selezione degli operatori, ma è finalizzato a perseguire interessi pubblici differenti, che sono quelli di consentire ad una Autorità indipendente di svolgere in modo più efficace le proprie funzioni relative anche alla vigilanza nel settore in esame.

Secondo l’Adunanza del Consiglio di Stato, quindi, la normativa (art. 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’art. 213 del Codice dei contratti pubblici del 2016 e dall’art. 222 del Codice dei contratti pubblici del 2023) deve essere così interpretata: “fin quando non risulti il pagamento del contributo spettante all’Autorità nazionale anticorruzione, vi è il divieto legale di esaminare l’offerta dell’operatore economico e, se neppure risulti il pagamento a seguito del soccorso istruttorio, la stazione appaltante deve dichiarare tale offerta inammissibile”.

 

 

  • 13 giugno 2025
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