Newsletter Edilizia, aggiornamento al 30 Maggio 2025

Newsletter Edilizia, aggiornamento al 30 Maggio 2025

Gentilissime e gentilissimi in indirizzo,

sottoponiamo alla vostra attenzione la Newsletter Edilizia, con gli ultimi aggiornamenti tecnici, fiscali e giuridici a cura di CONFAPI ANIEM alla data del 30 Maggio 2025.

Questi gli argomenti trattati:

Riduzione risorse per manutenzione strade: la risposta del Vice Ministro Rixi in Parlamento

Il Vice Ministro Edoardo Rixi è intervenuto lo scorso 28 maggio in Parlamento per rispondere al questione time che sollecitava chiarimenti sulla rimodulazione dei fondi per la manutenzione delle strade di Province e Città metropolitane.

La questione, già oggetto anche di segnalazioni e di interventi del nostro sistema associativo, riguarda i circa 11 miliardi sottratti alla manutenzione stradale nel periodo 2025-2036, con un taglio del 70% nell’anno corrente e nel successivo, che penalizza soprattutto gli interventi nel sud del Paese.

Nel suo intervento in Parlamento, il vice Ministro ha anzitutto precisato che le variazioni disposte con la legge di bilancio e con il decreto proroga termini coinvolgono solo uno dei cinque Piani di riparto degli interventi, in particolare, il D.M. n. 101 del 26 aprile 2022, relativo al periodo 2025- 2029: la disponibilità sul suddetto decreto è oggi di 80 milioni annui per gli esercizi 2025-2026 e 275 milioni annui per gli esercizi 2027-2028.

Rixi ha comunque espresso disponibilità ad aprire un confronto, in tempi brevi, con le Province e con le Città metropolitane al fine di “verificare forme di reintegro dei finanziamenti per il 2025 e 2026, per garantire gli impegni sottoscritti e gli eventuali fabbisogni”.

Ha altresì aggiunto che “è evidente in ogni caso che le risorse che si renderanno disponibili dovranno essere accompagnate da misure utili a vincolarne l'erogazione al rispetto di puntuali adempimenti da parte degli enti territoriali. L'esigenza prioritaria è infatti quella di stimolare la realizzazione degli interventi nei tempi previsti ed evitare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la formazione di economie di bilancio. In coerenza con tali allineamenti, potranno quindi essere ridefiniti i criteri di erogazione delle risorse per le annualità 2025-2029, al fine di premiare gli enti che dimostrano una maggiore capacità di spesa”.

ANAC: NO a requisiti escludenti diversi da quelli indicati dal Codice Appalti

Intervenendo sulla contestazione di una procedura per l’affidamento di un servizio sanitario, l’ANAC (Delibera n. 203 del 21 maggio 2025) ha dichiarato che le stazioni appaltanti non possono prevedere requisiti escludenti diverse da quelle previste dalla normativa (art. 100 Codice Appalti – disciplina requisiti speciali).

Nella gara in esame, il Capitolato prevedeva, in particolare, il possesso di una serie di certificazioni di qualità. La Stazione appaltante aveva sostenuto che tali certificazioni non rappresentassero requisiti di partecipazione, ma indicatori di qualità tecnica; Anac, tuttavia, ha evidenziato che la collocazione della clausola nel Capitolato non muta la sua natura sostanziale, considerati gli effetti escludenti che comporta.

L’Autorità, precisa nelle Delibera, che “la disciplina del D.LGS 36/2023 non lascia spazio a interpretazioni che consentano di riconoscere alla stazione appaltante la facoltà di prevedere requisiti di partecipazione diversi da quelli indicati dall’art. 100 (fatte salve le eccezioni ivi richiamate) con l’effetto che deve pertanto escludersi che la stazione appaltante abbia la facoltà di stabilire nel bando di gara quale requisito di selezione dei partecipanti, a pena di esclusione, il possesso della certificazione di qualità”.

Ciò considerato, la stazione appaltante dovrà procedere alla revoca degli atti di gara e alla riformulazione dei requisiti nel bando.

ANAC su costi manodopera: devono essere utilizzate le tabelle ministeriali

Con il parere di precontenzioso n.193 del 14 maggio u.s., l’ANAC ha annullato una procedura di gara, ribadendo che, sulla base delle norme vigenti, i costi della manodopera posti a base di gara devono essere indicati sulla base delle tabelle ministeriali aggiornate.

L’art. 41, comma 13, del Codice Appalti prevede, infatti, che “per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo medio del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative”.

Ciò nonostante, è stato chiesto all’Autorità se la lex specialis di gara possa prevedere un costo della manodopera inferiore a quello risultante dalle tabelle ministeriali aggiornate (erano state prese in considerazione le tabelle ministeriali del 2023 invece di quelle del 2024) e, in caso di risposta affermativa, se sia legittimo un disallineamento evidente e significativo.

ANAC ha richiamato l’orientamento consolidato della giurisprudenza e i suoi stessi pronunciamenti, precisando che “la definizione del prezzo da porre a base d’asta non implica una mera scelta di convenienza e opportunità, ma una valutazione alla stregua di cognizioni tecniche, sulla quale è possibile il solo sindacato estrinseco, ovvero limitato ai casi di complessiva inattendibilità delle operazioni e valutazioni tecniche operate dall’amministrazione, alla illogicità manifesta, alla disparità di trattamento … al fine di consentire la presentazione di offerte sostenibili ed affidabili”.

Considerate tale premesse e esaminato il caso specifico (relativo ai costi della manodopera indicati in una procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta, trasporto e conferimento di rifiuti), ANAC ha concluso affermando che “l’utilizzo delle tabelle del costo medio orario del lavoro non più vigenti alla data di indizione della procedura di gara vizia per manifesta illogicità e irragionevolezza il procedimento condotto dalla Stazione appaltante ai fini della stima dei costi della manodopera, tenuto conto, peraltro, che la procedura di gara in esame è ad alta intensità di manodopera e che il contratto ha durata pluriennale. La Stazione appaltante è tenuta, pertanto, ad annullare in autotutela gli atti della procedura di gara in oggetto e ad utilizzare, in sede di riedizione della gara, le tabelle aggiornate del costo medio orario della manodopera”.

Parere MIT: la penale per ritardata ultimazione lavori

Il MIT (Parere n.3430 del 13 maggio u.s.) si è pronunciato sulla possibilità di disapplicare penali sproporzionate in caso di ritardata ultimazione lavori.

Il DPR 207/2010 (art. 145, comma 7) prevedeva l'ammissibilità di tale disapplicazione, totale o parziale, quando le penali fossero riconosciute manifestamente sproporzionate rispetto all'interesse della stazione appaltante. A seguito dell'abrogazione del suddetto Decreto, la nuova normativa, compreso il correttivo al Codice Appalti, non ha fornito tuttavia alcuna indicazione in merito ed è stato chiesto al Ministero se fosse possibile applicare quanto previsto dall’art. 1384 del Codice Civile, che prevede lo stesso meccanismo (adeguata disapplicazione della penale in funzione dell'effettivo interesse del creditore).

Nel parere si precisa, anzitutto, che l’art. 1384 del codice civile “rappresenta una disposizione non sovrapponibile alla disciplina delle penali nel codice dei contratti pubblici, come anche evidenziato da ANAC”.

“Ciò posto l’articolo 126 del Codice dei Contratti non ripropone l'impostazione di cui al DPR 207/2010: di qui, la stazione appaltante - se ciò non è contemplato dalla lex specialis - non può procedere alla riduzione della penale. Diversamente, si tratterebbe di una disapplicazione di un atto amministrativo non ammessa dal nostro ordinamento. Qualora si volesse ricorrere a questa possibilità, dunque, sarebbe necessario un intervento in autotutela sui documenti di gara, disciplinando in modo specifico la possibilità di riduzione e le relative condizioni”.

Agenzia delle Entrate, cessioni immobili Superbonus: rivendite escluse da plusvalenze

L’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 137 del 20 maggio 2025 – Plusvalenza realizzata mediante vendita di un immobile oggetto di interventi antisismici il cui cedente ha optato per la cessione del credito) ha precisato che la rivendita di un immobile acquistato con il SUPER SISMABONUS acquisti non genera la nuova plusvalenza immobiliare introdotta dalla legge di Bilancio 2024. Tale normativa prevede che le cessioni a titolo oneroso effettuate dal 1° gennaio 2024 producono plusvalenze tassabili se riguardanti immobili sui quali sono stati eseguiti interventi edilizi agevolabili con il Superbonus e qualora intervengano entro 10 anni dall’ultimazione dei lavori.

L’Agenzia afferma che la nuova imposta colpisce solo la prima cessione successiva ai lavori incentivati, e solo se effettuata dal soggetto che ha eseguito o beneficiato degli interventi.

Nel caso in cui il contribuente abbia acquistato l’abitazione usufruendo del Super Sisma bonus, esercitando l’opzione per la cessione del credito, e intende vendere l’immobile, l’Agenzia esclude che tale vendita rientri tra quelle imponibili in quanto la “prima cessione” risulta già avvenuta al momento dell’acquisto dal costruttore. Resta comunque applicabile la disciplina ordinaria sulle plusvalenze con relativa tassazione se l’immobile è rivenduto entro cinque anni dall’acquisto e non è stato adibito ad abitazione principale.

Consulta la Risposta n. 137 del 20 maggio 2025 dell’Agenzia delle Entrate a questo link: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/8987735/Risposta+n.+137_2025.pdf/62dea7e5-f567-fe0f-8c2f-5cafebd5030f

Le risorse PNRR per la riqualificazione energetica dell’edilizia residenziale

Sul sito della Struttura di missione del Governo sul PNRR è stato pubblicato il Decreto 9 Aprile 2025 (già in vigore) del Ministro per gli Affari europei il PNRR e le Politiche di coesione, di concerto con il MEF, che promuove investimenti per le ristrutturazioni energetiche dell’edilizia residenziale pubblica che determinano un miglioramento minimo dell’efficienza energetica non inferiore al 30%.

Il provvedimento riguarda, in particolare, la gestione di 1,331 miliardi di euro per interventi di efficientamento energetico relativi a progetti di ristrutturazione presentati da ESCO (Energy Service Company) e coinvolge l’edilizia residenziale pubblica, l’edilizia residenziale sociale e i condomini abitati da famiglie a basso reddito.

L’art. 3 precisa che sono ammessi all’agevolazione i progetti di investimento:

a) relativi a edifici di edilizia residenziale a totale proprietà pubblica e dotati di impianti centralizzati di climatizzazione o che, all’esito degli interventi di efficientamento energetico previsti dal presente decreto, saranno dotati di impianti centralizzati di climatizzazione;

b) che determinino un miglioramento dell’efficienza energetica non inferiore al 30% attraverso la realizzazione di uno o più interventi individuati nell’Allegato 1 che costituisce parte del presente decreto.

Sono agevolabili, in via prioritaria, i progetti di investimento che prevedono la realizzazione degli interventi su edifici che non abbiano già beneficiato di sovvenzioni provenienti da altri strumenti agevolativi finanziati con risorse nazionali o europee nei cinque anni antecedenti l’entrata in vigore del presente decreto e provvisti di un livello di progettazione non inferiore al progetto di fattibilità tecnico – economica.

L’art. 5 prevede che la realizzazione dei progetti sia riservata alle ESCO che sono anche le uniche destinatarie del sostegno finanziario.

L’Allegato 1 del Decreto, infine, elenca la tipologia degli interventi ammessi al finanziamento.

Consulta il Decreto 9 Aprile 2025 a questo link: https://www.strutturapnrr.gov.it/it/documenti/comunicati-stampa/pubblicato-il-decreto-per-il-miglioramento-dell-efficienza-energetica-erp/

Consiglio di Stato: incameramento della garanzia provvisoria: deve essere richiesta entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione

Con la sentenza n. 4424 del 22 maggio u.s., il Consiglio di Stato ha precisato il termine entro il quale la stazione appaltante deve incamerare la garanzia provvisoria.

L’art. 1957, primo comma, c.c. stabilisce che l’incameramento della cauzione debba essere richiesto entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione.

Il momento in cui si accerta l’avvenuto inadempimento non può che essere quello in cui la stazione appaltante dispone l’esclusione dalla gara (es. per la accertata violazione di obblighi contributivi e fiscali), momento dal quale scaturisce altresì l’impossibilità di sottoscrivere il contratto con la stazione appaltante.

Per l’Avvocatura dello Stato i sei mesi scatterebbero tuttavia non dalla esclusione dalla gara ma dalla scadenza dell’offerta.

Secondo i Giudici, l’evento dannoso corrisponde al momento in cui termina la partecipazione alla gara dell’operatore economico concorrente per un fatto a lui ascrivibile. E il momento in cui si accerta l’avvenuto inadempimento non può che essere quello in cui la stazione appaltante dispone l’esclusione dalla gara, momento dal quale scaturisce altresì l’impossibilità di sottoscrivere il contratto con la stazione appaltante.

L’art. 1957 c.c. si applica in generale ad ogni tipologia di garanzia, dunque anche al di fuori del puro ambito fideiussorio. Pertanto detto termine semestrale di decadenza non verrà meno neppure quando simili “fideiussioni” vengano in realtà qualificate alla stregua di veri e propri contratti autonomi di garanzia.

Consiglio di Stato, grave illecito professionale: gli obblighi dichiarativi dell’operatore economico

Il Consiglio di Stato (Sent. n. 4337 del 20 maggio u.s.) è intervenuto sulla sussistenza del grave illecito professionale e, in particolare, sugli obblighi dichiarativi a carico dell’operatore economico e sul potere di valutazione spettante alla stazione appaltante

Si conferma, anzitutto, un principio di natura sostanzialistica: il concorrente è tenuto a dichiarare tutte le circostanze potenzialmente rilevanti ai fini della valutazione sull’affidabilità dell’impresa, anche se non ancora definite giudizialmente, al di là della formale titolarità delle cariche ricoperte. Sono penalmente rilevanti tutte le condotte idonee a incidere su scelte e gestione dell’azienda.

Deve essere rispettato il ruolo dell’Amministrazione appaltante che può essere valutato dal giudice amministrativo solo nei limiti dell’illogicità manifesta, dell’irrazionalità o del travisamento dei fatti.

In sintesi, il Consiglio di Stato ha confermato il potere valutativo della stazione appaltante in tema di gravi illeciti professionali, ha esteso la rilevanza dei comportamenti anche ai “soggetti di fatto” includendo anche tutti i procedimenti e le condotte potenzialmente rilevanti.

  • 30 maggio 2025
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